Stagflazione: che cos'è?

Oval Team
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Stagflazione è il termine con cui si indica una particolare situazione economica caratterizzata dalla concomitanza di inflazione e mancata crescita del Prodotto interno lordo. Quindi devono esserci contemporaneamente sia un aumento generale dei prezzi e sia una stagnazione, ovvero una situazione in cui il valore dei prodotti e servizi di un intero Paese ha smesso di crescere, così come il reddito pro capite.
Il termine venne utilizzato per la prima volta nel 1965 da Iain Macleod – un politico del partito conservatore inglese che in seguito sarebbe diventato Ministro delle Finanze – per descrivere la combinazione tra inflazione e stagnazione che secondo lui “racchiudeva il peggio delle due parole”.
L’Ocse, l’organizzazione internazionale di studi economici, precisa che si intende la presenza contemporanea di una crescita lenta o nulla con livelli elevati di inflazione.

Come si calcola
Nel complesso la stagflazione è un rallentamento generale dell’economia, in cui aumenta anche il tasso di disoccupazione. Questo fenomeno è complicato da arginare perché bisogna agire sia per l'arresto della crescita dei prezzi sia per la ripartenza del sistema economico nel suo complesso.
Infatti l’inflazione, se rimane entro certi limiti, è un segnale positivo per l’andamento dell’economia: un aumento dei prezzi intorno al 2% è considerato ottimale per tutto il sistema. Significa che c’è una crescita sia della domanda sia della produzione, quindi anche del Pil.
Invece quando siamo in stagflazione c’è anche produzione bassa, stipendi fermi e disoccupazione e quindi minor potere d’acquisto delle famiglie proprio mentre i prezzi vanno alle stelle, innescando un circolo potenzialmente distruttivo.
La stagflazione si è verificata per la prima volta negli anni Settanta e ha messo in crisi le teorie economiche di John Maynard Keynes, che per trent’anni avevano sempre funzionato nel descrivere l’andamento dei sistemi economici ed erano state utilizzate da diversi governi per le loro politiche.
Per Keynes, infatti, una situazione di stagnazione non è compatibile con un aumento dei prezzi, perché se l’economia ha rallentato, creando anche disoccupazione e quindi facendo crollare la domanda interna, non è possibile che i prezzi aumentino.
Si pensava che la crescita dei prezzi sostenesse la crescita economica, seguendo la curva di Phillips che dimostra come ci sia una correlazione positiva tra l’aumento dei salari, quello dei prezzi e il livello di produzione e anche di occupazione.

Le sue cause
Ma come mai si verifica questo fenomeno così contraddittorio?
Innanzitutto, è una combinazione che si verifica di rado e secondo gli economisti le cause possono essere principalmente due.
Prima di tutto si può trattare di una politica monetaria o una manovra economica sbagliata da parte dei governi, che innesca l’inflazione senza favorire la crescita economica.
La seconda e più probabile causa della stagflazione è un fattore esterno e non controllabile, come una guerra, una catastrofe naturale o una pandemia, che portano a un aumento del costo dell’energia o delle materie prime.
L’impennata dei prezzi di un bene vitale per tutto il processo produttivo, infatti, non solo porta tutti i beni e i servizi a costare di più ma anche a tirare il freno a mano all’economia.
È un cosiddetto “shock di offerta”, come avvenne negli anni Settanta con le crisi petrolifere che innescarono i due casi di stagflazione che ancora oggi restano i più conosciuti, tra il 1973 e il 1974 e poi nel 1979.
Nel 1973, dopo lo scoppio della guerra del Kippur tra Israele, l’Egitto, la Siria i paesi arabi associati all’OPEC tagliarono le forniture verso i paesi filoisraeliani come gli Stati Uniti, causando un’impennata del prezzo del petrolio a livello globale, in un momento in cui tutta la produzione industriale, quella agraria e i trasporti erano più fortemente di oggi dipendenti dal petrolio.
Negli Usa, infatti, l’embargo fece aumentare di 3,5 volte il prezzo del petrolio, causando nei due anni successivi un crollo del Pil statunitense per cinque trimestri consecutivi, con l’inflazione che volava al 10%.
Nel 1979 la seconda crisi energetica fu causata dalla rivoluzione iraniana, che ridusse la produzione e l’esportazione del greggio facendone lievitare il prezzo in tutto il mondo.

Come combattere la stagflazione
Ci sono dei modi per contrastare la stagflazione?
Non è semplice, perché nel momento in cui si agisce frenando l’aumento dei prezzi si rischia di frenare ancora di più l’economia.
Infatti, per calmare la corsa al rialzo dei prezzi la banca centrale può intervenire con una politica monetaria restrittiva, che riduce il contante in circolo ma porta all'aumento dei tassi di interesse e anche alla riduzione dei consumi e degli investimenti, il che incide negativamente sul Pil.
Anche cercare di agire sulla stagnazione comporta dei rischi, infatti promuovendo politiche tese all’aumento della produzione economica, e quindi anche dei posti di lavoro, si rilanciano anche la domanda interna, i consumi e il Pil ma di conseguenza i prezzi aumentano e con loro l’inflazione.
Difficile insomma combattere uno dei due fenomeni che causano la stagflazione senza alimentare l’altro.
Oggi dopo la pandemia e la guerra in Ucraina, che ha portato un aumento del costo del gas e dell’energia, si è iniziato a parlare di nuovo di stagflazione.
Sicuramente siamo in una situazione di inflazione ma ancora non siamo in stagnazione o in recessione perché al momento il Pil è ancora positivo.
Secondo l’Ocse nel 2022 il Pil si arresterà al 3,1% e nel 2023 la crescita mondiale sarà solo del 2,2%. Peggiore la situazione dell’Italia, dove nel 2022 il Pil secondo l’Ocse è cresciuto del 3,7% ma nel 2023 segnerà solo un +0,2%, mentre il prezzo alto dell’energia danneggia la produzione industriale e l’inflazione al 10%, che scenderà solo lentamente, pesa sul reddito delle famiglie e quindi anche sulla domanda interna.
La situazione, insomma, è complicata ma gli spettri della recessione e anche quelli della stagflazione sembrano non bussare ancora alla nostra porta.